Pubblichiamo l’intervento di Roberto D’Agostino, sulla situazione delle lavoratrici e dei lavoratori della biblioteca Iuav, che La Nuova Venezia ha pubblicato venerdì 14 dicembre 2018
Lunedì scorso allo Iuav è stata inaugurata una mostra sul ’68. Tralasciando i contenuti della bella mostra che non mi propongo di commentare e il fatto che il ’68 allo Iuav è avvenuto nel ’67 (occupazione aprile-giugno), trovo che questa inaugurazione sia servita per evidenziare in modo esemplare il segno dei tempi.
Dopo il saluto di prammatica del rettore, è intervenuta una rappresentante dei lavoratori della biblioteca raccontando, anche a me che ero di passaggio, ma immagino che chi vive, lavora e studia nello Iuav fosse informato da tempo, che i servizi della biblioteca sono esternalizzati, che a seguito di un bando la nuova ditta aggiudicataria ha tagliato gli orari di lavoro, e dunque gli stipendi, del 25%, che la retribuzione oraria lorda è di 7,16 euro, che lo stipendio per alcuni è di 600 euro al mese.
Abbiamo poi assistito a un cortese scambio di battute tra la rappresentante sindacale che rimproverava al rettore il suo silenzio sulla vicenda e il rettore che rivendicava un ruolo di “attenzione super partes”. Poi l’uscita del rettore e la cerimonia di inaugurazione.
Quello a cui ho assistito mi ha fatto un po’ vergognare di essere seduto nell’Aula Magna dello Iuav.
Si celebrava il ’68: ebbene nel ’68 tutto ciò sarebbe stato più che sufficiente per occupare la facoltà fino a che i diritti e la dignità dei lavoratori non fossero stati ripristinati. Sarebbe stato più che sufficiente per interrompere cerimonie di qualsiasi tipo. Per invitare il Rettore a ripresentarsi nell’Aula Magna solo dopo avere riconosciuto che l’esternalizzazione dei servizi e la rottura della dignità, oltre che delle condizioni materiali dei lavoratori, è un problema e responsabilità piena di tutta l’Università e dopo avere operato in modo da ripristinare i diritti violati. E dopo che tutto lo Iuav, a partire dagli studenti, avesse rivendicato l’importanza fondamentale, simbolica e materiale, della biblioteca come cuore e centro di una struttura universitaria.
Probabilmente nel ’68 gli studenti si sarebbero identificati in pieno con quei lavoratori, sapendo che la loro dignità violata di oggi sarebbe diventata la propria futura dignità violata. I figli della borghesia che studiavano nell’università e che si scontravano con i poliziotti figli del proletariato dalla cui parte stava Pasolini, stavano prendendo coscienza del rischio di essere retrocessi al ruolo di proletari sfruttati e nella fusione delle reciproche lotte (slogan: studenti e operai uniti nella lotta) vedevano la possibilità di sottrarsi a quel destino.
Oggi i lavoratori della biblioteca dello Iuav vengono retrocessi al ruolo di sottoproletari senza certezza sul proprio futuro di lavoratori, senza diritti, senza reddito e senza dignità, e questo accade nella perfetta solitudine e nel perfetto silenzio, scandito da un applauso di circostanza, di chi gli sta di fianco senza vedere. Mentre gli studenti seduti in quell’aula o che gireranno per la mostra e parteciperanno agli eventi programmati, si avviano in buon ordine a entrare nel grande mondo del sottoproletariato che i tempi attuali prepara loro.
La mostra si propone non di celebrare il passato, ma di prenderne spunto per vedere ciò che permane e come recuperarne i contenuti vivi per il futuro. Bene, si potrebbe cominciare da subito riavvolgendo la moviola di quanto accaduto durante l’inaugurazione e girando un altro film.
Roberto D’Agostino
La Nuova Venezia
venerdì 14 dicembre 2018